De Roon: "Bergamo è casa mia. L'assenza in finale EL? Ho pianto"

De Roon: “Bergamo è casa mia. L’assenza in finale EL? Ho pianto”

De Roon racconta dieci anni di Atalanta: radici bergamasche, l’addio a Gasperini, il legame con i Percassi e il sogno infranto della finale di Europa League. “Bergamo è casa mia”.

Dieci anni di emozioni, di battaglie sul campo e di un amore incondizionato per una città che lo ha adottato. Marten de Roon, pilastro dell’Atalanta, si è aperto in un’intervista toccante, ripercorrendo le tappe fondamentali del suo percorso in nerazzurro. Dagli inizi difficili all’affermazione come leader carismatico, il centrocampista olandese ha svelato il suo legame indissolubile con Bergamo e con la famiglia Percassi, senza dimenticare il maestro Gasperini e i sogni, a volte infranti, di gloria europea.

Radici bergamasche

Il tempo vola, ma il cuore resta ancorato a Bergamo. De Roon, arrivato in punta di piedi dieci anni fa, si sente ormai più italiano che olandese. “Assolutamente sì”, confessa. “Le mie figlie sono cresciute qui, frequentano scuole italiane, ormai sono più bergamasche che olandesi. Volevamo integrarle pienamente, perché altrimenti saremmo rimasti sempre stranieri. La piccola addirittura parla dialetto bergamasco meglio di me!”. Un’integrazione completa, un amore sbocciato giorno dopo giorno, nonostante un inizio tutt’altro che semplice: “La prima settimana fu davvero complicata. Non conoscevo la lingua, ero nel ritiro di Clusone e chiamai mia moglie dicendole: ‘Ma dove siamo finiti? Non so se ce la faccio…’. Ora, invece, non ci vediamo da nessun’altra parte: Bergamo è diventata casa nostra”.

L’eredità di Gasperini e la famiglia Percassi

Un ciclo si è chiuso, una nuova era è iniziata. L’addio di Gasperini ha lasciato un vuoto, ma De Roon guarda avanti con fiducia. “Un momento delicato e un po’ triste. Gasperini ha dato tutto, ha costruito qualcosa di unico. Vedere andar via lui e tanti compagni, come Toloi, è difficile. Capisci che anche il tuo tempo si avvicina. Però sono ottimista: la società è solida e ha idee chiare per il futuro“. Parole di stima e gratitudine per un allenatore che ha segnato la storia dell’Atalanta, ma anche un elogio alla famiglia Percassi, anima e cuore pulsante della società: “Antonio Percassi è il cuore pulsante della società: imprenditore di successo ma soprattutto un tifoso appassionato. Non lo vediamo spesso a Zingonia, ma quando c’è, la sua presenza è forte ed emozionale. Luca invece è il riferimento quotidiano: attento, sempre vicino ai giocatori. L’Atalanta è una famiglia più che una semplice squadra”.

Il leader silenzioso e il sogno infranto

Un leader si fa sentire, non solo con le parole, ma soprattutto con l’esempio. De Roon, definito spesso “capitano silenzioso”, si riconosce in questa descrizione: “In parte sì. Sono una persona che osserva tanto, cerco di capire quando è il momento giusto per parlare o dare un consiglio. Mi interessa aiutare i compagni più giovani o chi attraversa un momento difficile. Preferisco essere un leader positivo, che incoraggia più che criticare aspramente”. Un ruolo di responsabilità, un punto di riferimento per i compagni, ma anche un uomo ferito per non aver potuto giocare la finale di Europa League: “È stata durissima. Ricordo benissimo quel dolore fisico e mentale. A casa, il giorno dopo, io e mia moglie piangemmo a lungo per la delusione. Avevo lavorato per anni per arrivare a quella partita. Tuttora, pur avendo vinto, sento che manca qualcosa, quel tassello di non essere stato in campo”.