Un legame che va oltre il calcio, nato in provincia e consolidatosi nel corso di carriere incrociate. La scomparsa di Eugenio Perico ha profondamente toccato Adelio Moro, che in un’intervista a L’Eco di Bergamo ha voluto ricordare l’amico e compagno di squadra, definito “come un fratello”. Un racconto commosso che ripercorre le tappe di una vita condivisa, dal paese d’origine, Curno, fino al ritorno con la maglia della Dea.
L’avventura ad Ascoli e il legame familiare
Il racconto di Moro parte da un momento chiave del loro percorso: il 1976. Fu proprio l’insistenza di Perico a convincere un inizialmente titubante Moro a trasferirsi ad Ascoli. “Non ero molto convinto, ma Eugenio insistette”, ha spiegato l’ex centrocampista. Quella scelta si rivelò vincente, non solo professionalmente ma anche umanamente. In quella squadra, che contava anche altri giocatori bergamaschi come Grassi e Castoldi, il rapporto tra i due si rafforzò ulteriormente. “Alla fine mi trovai benissimo, lui per me fu davvero come un fratello”, ha sottolineato Moro, ricordando come anche le loro famiglie strinsero un forte legame in quelli che definisce “anni indimenticabili”.
Il ritorno all’Atalanta e gli ultimi momenti
Le strade del calcio possono dividere, ma quelle di Adelio Moro ed Eugenio Perico erano destinate a incrociarsi di nuovo, questa volta con i colori nerazzurri. Il destino li ha voluti di nuovo insieme proprio nell’Atalanta, nell’anno della promozione che riportò la squadra nella massima serie. “Ci perdemmo di vista per un periodo, per poi ritrovarci ancora all’Atalanta”, ha ricordato Moro con commozione. Un filo che non si è mai spezzato, nemmeno di fronte alle difficoltà della malattia che ha colpito Perico. Moro gli è rimasto accanto fino alla fine, condividendo il peso della sofferenza. “Sono rimasto in contatto con lui fino all’ultimo. Vederlo soffrire così è stata davvero dura”, ha concluso, lasciando il ricordo di un’amicizia che il tempo e la distanza non hanno mai scalfito.




