All’interno di una squadra, è fondamentale la presenza di una figura che incarni il rispetto delle regole, un punto di riferimento per mantenere la disciplina. Nell’Atalanta degli anni ’80, questo ruolo era interpretato da Eugenio Perico. Attraverso le parole del suo ex compagno Giorgio Magnocavallo, emerge il ritratto di un professionista rigoroso, ma anche di un uomo capace di mostrare un lato inaspettato una volta passata dall’altra parte della barricata, in panchina.
Un “giudice” nello spogliatoio: rigore e professionalità
Giorgio Magnocavallo, in un’intervista a L’Eco di Bergamo, descrive Perico come una figura esemplare in un gruppo di compagni noti per la loro esuberanza. Mentre molti si lasciavano andare a scherzi e a un’atmosfera goliardica, Perico si distingueva per la sua precisione e professionalità, agendo come un vero e proprio “giudice” inflessibile. Non partecipava alle leggerezze del gruppo, ma al contrario vigilava con un rigore quasi paterno. Magnocavallo stesso ammette di essere stato “vittima” dei suoi metodi, ricevendo un bonario scappellotto come punizione per qualche imprecazione di troppo, un gesto che all’epoca faceva parte dell’educazione interna alla squadra.
La sorpresa in panchina: la sigaretta contro la tensione
Il tempo, però, ha la capacità di modificare le persone e le abitudini. L’immagine dell’uomo tutto d’un pezzo si è scontrata con una realtà inaspettata quando Perico ha intrapreso la carriera da allenatore. Magnocavallo racconta con un sorriso la sorpresa nel vederlo, per la prima volta, fumare una sigaretta in panchina. Un gesto sorprendente, dato che da calciatore non si era mai avvicinato al fumo. Quella sigaretta, come spiega l’ex compagno, era il suo modo per allentare la tensione accumulata durante le partite. Un piccolo dettaglio che rivela il lato più umano e passionale di un professionista che, messo di fronte alla responsabilità di guidare i giovani, ha mostrato tutta la sua dedizione per il calcio.




