Tanti auguri a Claudio Vertova: dai Salesiani alla Coppa UEFA 1989-90

Claudio Vertova, il roccioso difensore dell’Atalanta che disputò 45 partite in due stagioni, venne eliminato nella prima partecipazione all’Uefa , rivive la sua avventura nerazzurra e la storica partecipazione alla Coppa UEFA 1989-90, un capitolo indimenticabile per la Dea.

Il calcio è costellato di storie di uomini che, con dedizione e sacrificio, hanno lasciato un segno indelebile, anche senza i riflettori della gloria più accecante. Tra questi, spicca la figura di Claudio Vertova, un difensore roccioso che ha incarnato lo spirito dell’Atalanta in un periodo storico, quello della fine degli anni ’80, che vide la Dea tornare a calcare i palcoscenici europei. La sua avventura, culminata con la partecipazione alla Coppa UEFA, è un capitolo significativo nella memoria nerazzurra.

Un pilastro nella storica Coppa UEFA

Arrivato a Bergamo nel 1988 dall’Empoli, Claudio Vertova si affermò rapidamente come un pilastro della difesa atalantina fino al 1990. Con la maglia numero 5, il suo compito era chiaro: proteggere la porta e annullare gli attaccanti avversari. La sua statura e la sua abilità nel gioco aereo lo rendevano un ostacolo insormontabile. Fu parte integrante della squadra che, sotto la guida di Emiliano Mondonico, conquistò un sesto posto in Serie A, garantendo all’Atalanta la sua prima storica partecipazione alla Coppa UEFA. Nella stagione 1989-90, Vertova fu titolare nel doppio confronto contro lo Spartak Mosca, un’esperienza europea che, seppur conclusasi con l’eliminazione al primo turno, rappresentò un momento di grande orgoglio per il club e per i suoi tifosi. In quel periodo, condivise il campo con campioni del calibro di Stromberg, Evair e Caniggia, contribuendo con 45 presenze a consolidare la retroguardia nerazzurra.

Una carriera tra sacrificio e riconoscimenti

La carriera di Vertova, cresciuto nell’oratorio dei Salesiani di Treviglio, iniziò a prendere forma nei primissimi anni ottanta con la Sanremese, dove si distinse anche per una rara vena realizzativa con cinque reti. Il suo percorso lo portò poi in Toscana, dove collezionò 191 presenze tra Empoli, Cagliari (in Serie B, con un gol) e Hellas Verona (in Serie A, con un’altra rete). La sua dedizione al ruolo di difensore puro era evidente: a Bergamo non segnò mai, concentrandosi esclusivamente sulla fase di interdizione. Nel 1984, la sua città natale, Treviglio, gli conferì il San Martino d’Oro, riconoscendolo come atleta-simbolo locale. Nonostante i problemi alle ginocchia, che lo afflissero fin dai tempi della Riviera di Ponente e si aggravarono durante la sua breve parentesi alla Lazio (solo 6 presenze), Vertova continuò a giocare, chiudendo la carriera nella Trevigliese dopo un’esperienza al Lecco.

L’eredità di un difensore

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Claudio Vertova non abbandonò il mondo del calcio. Ha ricoperto il ruolo di osservatore per l’AlbinoLeffe, è stato dirigente ad Arcene e ha allenato a livello dilettantistico, mantenendo vivo il legame con lo sport che lo ha visto protagonista. Il ricordo di quella trasferta a Mosca, allo Stadio Dinamo, rimane un’immagine indelebile nella sua memoria e nel suo cuore, simbolo di una carriera onesta e di un’esperienza europea che, per lui e per l’Atalanta, fu comunque vera gloria.