Tony D’Amico, figura chiave nella dirigenza dell’Atalanta, ha recentemente offerto uno sguardo intimo sulla sua traiettoria personale e professionale. In una conversazione approfondita con La Gazzetta dello Sport, il direttore sportivo ha svelato i passaggi che lo hanno condotto dal campo di gioco, dove era un instancabile ma poco prolifico centrocampista, alla scrivania di un club di Serie A, dove oggi le sue decisioni plasmano il futuro della squadra.
Il passato da calciatore: corsa, carattere e pochi gol
Il D’Amico calciatore era un mediano di corsa, un motore inesauribile che però raramente trovava la via del gol, anche a pochi passi dalla porta. Si descriveva come un atleta generoso ma impulsivo, incline a discussioni accese con chiunque, compresi i suoi stessi compagni. Nonostante le sue aspirazioni di raggiungere la Serie B, come dimostrato dalla sua breve esperienza a Empoli, la sua carriera si è svolta prevalentemente per quindici anni nelle categorie della Lega Pro. Un suo ex allenatore, Corsi, oggi lo prende in giro bonariamente, riconoscendo il suo valore come dirigente ma scherzando sulle sue abilità da giocatore.
Un evento che ha segnato la vita
La sua vita ha subito una svolta drammatica a seguito di un evento tragico: la scomparsa del suo amico e compagno di squadra alla Cavese, Catello Mari, in un incidente avvenuto durante i festeggiamenti per una promozione. Questo episodio ha segnato profondamente D’Amico, portandogli via, come ha raccontato, la parte più spensierata della sua giovinezza e lasciando un’impronta indelebile sulla sua personalità.
Dal campo alla scrivania: la guida dell’Atalanta
Le sfide e le delusioni vissute sul campo, inclusa la consapevolezza dei propri limiti come giocatore, hanno plasmato il dirigente che è oggi. Alla guida delle strategie dell’Atalanta, un club con ambizioni significative in Serie A, D’Amico opera con una lucidità che, forse, deriva proprio da quella profonda conoscenza delle imperfezioni. La sua attuale filosofia si basa su intuizioni acute e la capacità di prendere decisioni audaci, un netto contrasto con la sua passata difficoltà a concretizzare in zona gol.
La filosofia del dirigente: verità e intuizione nel calcio
Il suo percorso lo ha portato a sviluppare una visione pragmatica del mondo del calcio. Ha condiviso una riflessione significativa, affermando di aver appreso che in questo ambiente, spesso, la verità non trova credito. Questa prospettiva, maturata attraverso anni di esperienza sia come atleta che come dirigente, sottolinea la complessità e le dinamiche uniche che caratterizzano il panorama calcistico.




