Mattia Caldara, ex difensore dell’Atalanta, ha condiviso un toccante racconto del periodo difficile che ha seguito il suo trasferimento al Milan, segnato da gravi infortuni. Durante un’intervista al podcast Centrocampo, il giocatore ha ripercorso i momenti che hanno messo a dura prova la sua carriera, offrendo uno spaccato sulla fragilità fisica e mentale di un atleta.
Dal recupero alla ricaduta: una settimana fatale
Caldara ha iniziato parlando del suo primo infortunio alla caviglia, un’esperienza nuova per lui ma che era riuscito a superare con determinazione. “Non ero pronto mentalmente ad affrontare l’infortunio. Però il primo lo supero bene”, ha spiegato, sottolineando come, una volta tornato, si sentisse di nuovo in forma e senza limitazioni. Questa fiducia gli aveva dato l’energia per affrontare gli ultimi mesi della stagione, con l’obiettivo di dimostrare il suo valore. La sua prestazione nella partita di Coppa Italia contro la Lazio, nonostante la sconfitta della squadra, lo aveva lasciato soddisfatto. Il destino sembrava sorridergli: a causa della squalifica di Musacchio, avrebbe dovuto giocare la partita di campionato successiva. Fu proprio in quella settimana, però, che tutto cambiò drasticamente.
“Una buca diventata un pozzo”: il secondo infortunio
Il difensore ha descritto con parole forti il momento del secondo, devastante infortunio. “Quella settimana li è la settimana in cui mi sono fatto male in allenamento. Li è stata difficile”, ha confessato Caldara. Se il primo stop era stato come cadere in una buca per poi rialzarsi, questo fu diverso. “Li ho sentito che quella buca li era più un pozzo”, ha affermato, descrivendo la sensazione fisica devastante: “quando ho sentito la botta ho sentito che il ginocchio mi si sgretolava dentro”.




